martedì 28 ottobre 2008

Metodologia di ricerca

a cura di Elisa Busti

Il Progetto UNPLI a cui noi volontari abbiamo lavorato è intitolato “La Storia dell'artigianato nella Terra dell’Antica Rudiae” e tende soprattutto a far conoscere i tratti tipici del nostro territorio e, in particolare, l’artigianato.
Tra gli obiettivi ci sono quello di sensibilizzare i residenti e soprattutto i giovani (tenendo conto che molte testimonianze vengono da parte di artigiani anziani), riscoprire e valorizzare i mestieri antichi che sono caratteristici della nostra cultura e capire, attraverso questa ricerca, se ci sono margini per la loro rilocalizzazione considerando che molti di essi, per effetto della nascita e diffusione di piccole e medie imprese, sono andati via via scomparendo.

LE TECNICHE
Abbiamo sviluppato il progetto seguendo diverse tecniche.
In un primo momento abbiamo lavorato alla raccolta di informazioni specifiche sulla storia dell’artigianato e sulla nostra città, recandoci in biblioteca in cerca di testi di riferimento o rivolgendoci al nostro formatore e navigando in rete.
Abbiamo anche visitato il museo di Alezio, dove sono conservati molti reperti sui Messapi rinvenuti durante gli scavi nella stessa zona, per fare un confronto tra le tecniche e i manufatti del passato e quelle odierne.
In questa fase ci siamo però accorti, anche alla luce dei diversi incontri di formazione nei quali ci sono stati chiariti meglio gli obiettivi del progetto, e alla luce delle schede inviateci da compilare per il “censimento” delle attività artigianali, che occorreva dare un diverso taglio alla ricerca.

Così abbiamo reimpostato il lavoro e ci siamo concentrati maggiormente sulle attività artigianali odierne e abbiamo pensato di prendere contatti con gli artigiani del luogo.
Per i contatti con gli artigiani abbiamo discusso con il nostro formatore sulla presenza di botteghe a Gallipoli ancora funzionanti; abbiamo così individuato una lista di nomi utilizzando il campionamento ragionato per rendere la selezione più snella e mirata, e dopo, abbiamo telefonato a queste persone dal nostro Ufficio Informazioni presentandoci come Associazione Pro Loco, ben nota a Gallipoli, e spiegando il progetto.
Per i contatti ci hanno aiutato il nostro formatore il Prof. Schirosi e la nostra tutor Prof.ssa Pagliarini per cui non abbiamo avuto problemi a fissare un appuntamento.
Nella fase di compilazione delle schede ci siamo serviti delle interviste a queste maestranze gallipoline.
La tecnica utilizzata è stata quella dell’intervista faccia a faccia.
Abbiamo preparato alcune domande da fare ad ogni persona intervistata e abbiamo deciso di optare per una linea non-direttiva di modo da consentire una certa libertà di discorso all’intervistato, quindi ci siamo orientati su un tipo di intervista semi-strutturata. Tutti i colloqui sono stati “a tandem”: si sono svolti alla presenza di 2 di noi in qualità di intervistatori e sono durati in media 30 – 45 minuti.
Non abbiamo imposto un limite rigido di tempo, ma non abbiamo superato mai i 60 minuti di conversazione.
Superate le titubanze iniziali, riscontrate in quasi tutti i colloqui, le persone intervistate hanno preso confidenza con noi e siamo riusciti a ottenere le informazioni di cui avevamo bisogno.
Per la maggior parte abbiamo annotato le risposte su carta, poiché in alcune situazioni abbiamo ritenuto che l’uso di un registratore avrebbe irrigidito maggiormente i nostri interlocutori, così abbiamo lasciato perdere.
Nel contempo ha assunto un ruolo fondamentale l’osservazione del contesto perché per il progetto ci occorrevano foto degli strumenti maggiormente utilizzati dagli artigiani e della bottega; osservare perciò è stato necessario per riuscire a valutare anche l’impatto che il tempo ha avuto su certe attività.
La maggiore difficoltà incontrata è stata quella di farci dare informazioni dettagliate per la compilazione delle schede, come, ad esempio, la grandezza in mq del locale in cui si svolge il lavoro, oppure la spiegazione nel dettaglio delle diverse fasi di lavorazione dei prodotti.
La tendenza riscontrata più di frequente, invece, è la propensione da parte di ogni artigiano, a raccontare di come il proprio mestiere non esista quasi più in quanto nessuno ha intenzione di impararlo.

L’ANALISI
Il nostro lavoro si è concentrato su 5 mestieri in particolare, alcuni prettamente tipici della nostra città:
• il fabbro
• il ceramista
• il nassaiolo
• il cartapestaio
• il mastro d’ascia
Per rispondere agli obiettivi del progetto abbiamo costruito le domande di modo che corrispondessero ad alcuni argomenti che volevamo venissero fuori dall’intervista.
L’elenco prevedeva 13 domande per alcune abbiamo lasciato libertà di risposta e possibilità di argomentare, per altre dove era prevista una risposta più concisa
( 9-12-13 vedi allegato 1) abbiamo dato le alternative di risposta.

Alcune domande quali:
• Che scuole ha frequentato?
• Quali sono gli strumenti che utilizza maggiormente per il suo lavoro?
• A cosa servono e come si utilizzano?
• Saprebbe dirci a che periodo risalgono?
• Esistono tecniche particolari di lavorazione?
• Dove si rifornisce delle materie prime?
• Vende i suoi prodotti direttamente o a terze persone?
rispondono a delle specifiche esigenze del progetto. Si tratta, infatti, di informazioni utili a conoscere meglio il mestiere, le fasi di lavorazione e gli strumenti tipici che si utilizzano; le risposte forniteci sono servite a compilare le schede “mestieri” e “oggetti”.
Altre domande quali:
• Quando ha iniziato la sua attività?
• Come si è avvicinato a questo mestiere (hobby, tradizione)?
• Espone in qualche mostra locale (permanente o temporanea)?
sono state introdotte allo scopo di valutare la trasformazione che il mestiere ha subito nel tempo.
Ogni artigiano, con l’unica eccezione della ceramista, ha appreso il proprio lavoro dal padre, dal nonno o da qualche familiare, per cui abbiamo registrato una tradizione di famiglia nelle attività prese in esame.
In tutti e cinque i casi gli intervistati hanno appreso il loro mestiere molto precocemente, da adolescenti e alcuni addirittura da bambini come nel caso del mastro d’ascia che già all’età di sei anni aiutava sul cantiere suo padre e suo nonno nella costruzione delle barche.
La domanda sull’esposizione di mostre non era applicabile a tutti i casi presi in esame, ma abbiamo deciso di inserirla per dimostrare come alcune attività siano sopravvissute grazie ad un loro riutilizzo puramente decorativo.
Se alcuni mestieri,come quello del mastro d’ascia o del fabbro che a causa della nascita di piccole e grandi industrie sono andati via via scomparendo restando realtà uniche vive esclusivamente “per fortuna” sul territorio, altre attività come quella del ceramista, del cartapestaio o del nassaiolo, pur avendo perso la loro utilità nella vita quotidiana, sono state convertite in attività artigianali artistiche.
Infatti sia la ceramista che il nassaiolo che la cartapestaia posseggono locali d’esposizione dov’è possibile vedere e acquistare gli oggetti prodotti.
Per quanto riguarda le mostre, nel caso della cartapesta l’artigiana intervistata, ha esposto per alcuni anni in una mostra temporanea locale, mentre la ceramista possiede un locale di esposizione permanente di sua proprietà dove ha anche la sua attività commerciale di vendita.
Altre domande come:
• Quali sono le richieste sul mercato oggi secondo la sua esperienza?
• E’ un mestiere che giudica redditizio?
• Lo consiglierebbe ai giovani?
sono state introdotte invece proprio per rispondere a quello che secondo noi è l’obiettivo più importante del progetto: sapere se c’è possibilità di rilocalizzare queste attività, ovvero se è possibile evitare che mestieri e saperi antichi e preziosi possano essere recuperati e non cancellati dal tempo o dalle trasformazioni sociali ed economiche a cui va incontro la società.

I RISULTATI
DOMANDA: Quali sono le richieste sul mercato oggi secondo la sua esperienza?


Traducendo graficamente le risposte si nota subito come, dal punto di vista della domanda, gli artigiani ritengono che il proprio mestiere è assolutamente in discesa. Perfino ceramica e cartapesta non riscontrano aumenti di richieste il che è maggiormente significativo se si tiene conto del fatto che le interviste sono state realizzate alla fine della stagione estiva appena trascorsa.

DOMANDA: E’ un mestiere che giudica redditizio?


In questa domanda si nota che solo una persona giudica il proprio mestiere redditizio e si tratta del mastro d’ascia. Questo si può spiegare tenendo conto del fatto che Gallipoli è una città di mare la cui risorsa economica prevalente è la pesca. Fra le attività prese in esame quindi, è facile che risulti più produttiva la riparazione o la costruzione di pescherecci.
Lo stesso nassaiolo (anche questo tipico mestiere legato alla pesca), infatti, sostiene che la sua attività non gli consente di guadagnare tantissimo ma il giusto. Questo risultato si può leggere, nuovamente, come un declino delle attività artigianali prese in esame.
Le risposte che ci sono state fornite fino a questo punto, mettono in luce come per gli intervistati il cambiamento dei tempi e della società non consentono economicamente una rifioritura del mestiere.


DOMANDA: Lo consiglierebbe ai giovani?


Solo in quest’ultima domanda si assiste ad un’inversione di tendenza: gli intervistati consiglierebbero ancora l’attività ai giovani, infatti tre degli intervistati facendo riferimento allo loro esperienza durante le interviste, più volte dicono di aver comunque vissuto dignitosamente facendo il proprio lavoro anche se ultimamente le richieste non sono molte e il mestiere sembra ormai in declino.


CONCLUSIONI
Per rispondere agli obiettivi del progetto, quindi si può affermare che, sebbene economicamente questi mestieri non consentirebbero un facile inserimento nel mondo del lavoro e un guadagno adeguato alle necessità della vita quotidiana, probabilmente il fatto che siano sopravvissuti al tempo e che gli artigiani li consiglierebbero ancora fa supporre che, opportunamente sostenuti e valorizzati dalle istituzioni con corsi, iniziative ed esposizioni, essi possano essere non solo da supporto al turismo ma anche testimonianze di una cultura locale che non si può cancellare e che fa ancora da ponte tra il passato e il presente.

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